Una delle aree umide più importanti d’Italia per migliaia di uccelli migratori, una delle poche rive del Lago di Como ancora libere da urbanizzazioni, uno dei paesaggi più suggestivi dell’Alto Lario, potrebbe subire un danno irreparabile! A soli 150 metri dalla riva del lago di Como, sui campi di foraggio fra l’Adda e il canale Borgofrancone, il comune di Gera Lario ha concesso il permesso di costruire una casa colonica di 600 m2 con annesse serre per la coltivazione di piccoli frutti e uno spaccio dei prodotti aziendali. Tutto ciò accade in una Riserva Regionale, in un’area umida tutelata dalla Convenzione Ramsar, in una Z.P.S. - Zona di Protezione Speciale secondo la direttiva europea "Uccelli", in un S.I.C. - Sito di Importanza Comunitaria secondo la direttiva "Habitat" e per finire in un’area definita a rischio di esondazione dal PAI - Piano di Assetto Idrogeologico della Regione Lombardia! Burocrazie farraginose e inadempienze delle amministrazioni pubbliche hanno rallentato o impedito la variante del piano di gestione della riserva che già dal 2005 avrebbe reso l’area inedificabile! Con una dubbia interpretazione viene fatto riferimento al piano del 1996, senza l’applicazione delle tutele e dei vincoli esistenti. Le associazioni ambientaliste coordinate da CROS Varenna, Legambiente e WWF, stanno spendendo tempo ed energie per impedire che questa violazione avvenga. Un impegno che si realizza con l’incontro, la discussione e il sollecito ad intervenire da parte di tutti gli organi amministrativi, oltre ad aver avviato la procedura di RICORSO AL TAR. Aggiungi anche la tua protesta protestando con il Sindaco di Gera Lario, Vincenzo Del Re, scrivendo alla mail (tributi@comune.geralario.co.it) per esprimere il tuo dissenso per la speculazione edilizia in progetto nel'area del Pian di Spagna! Di seguito anche il servizio tratto da TG3 Lombardia e un breve filmato della manifestazione (link esterni) Dopo il disastro conseguente ai lavori di escavazione dell'alveo dell'Adda, che avrebbe dovuto dare il via al solito progetto di "valorizzazione turistica" ai danni dell'ambiente, qualcuno sta già pensando di riprovarci con una nuova proposta di navigazione nel cuore di uno dei più importanti siti naturali della nostra provincia. Altri danni in vista?!... Riportiamo integralmente il comunicato stampa emesso dal WWF lecchese, sottoscritto congiuntamente alle Associazioni: Legambiente Lecco, CROS Varenna (Centro Ricerche Ornitologiche Scanagatta), Spinning Club Italia e Nuvolarossa Calolziocorte: "A commento delle risposte del Parco Adda Nord ricevute in data 18 novembre con riferimento alle nostre dettagliate richieste del 25 maggio, le sottoscritte associazioni ambientaliste precisano che le problematiche sollevate a seguito dell’abbassamento repentino del febbraio u.s. del livello del lago di Olginate, a causa di incauta escavazione in alveo per permettere la navigazione, rimangono tuttora insolute. Si evidenzia infatti che:
Di conseguenza riteniamo improponibile entrare ora nel merito di un eventuale progetto di navigazione a breve termine, ma si dovrà attendere almeno l’esito del monitoraggio a scadenza dei tre anni stabiliti. Del resto il parere tecnico della Provincia di Lecco e la documentazione inerente al progetto, prescrivevano monitoraggi ambientali prima e durante i lavori, proprio ad evitare possibili danni all’ecosistema. Attualmente dobbiamo purtroppo rilevare come sia già possibile parlare di danni intervenuti, tanto che la Provincia di Lecco nel mese di giugno ha immesso nel lago di Olginate 3.000 avannotti di lucci per presunta mancata riproduzione nel periodo di scavo, e recentemente ha deciso di vietare il transito dei mezzi pesanti sul ponte automobilistico di Olginate per l'instabilità derivante dall’erosione alla base dei piloni, ad opera della indotta e incontrollata corrente. E per finire gli stormi di anatre e folaghe che abitualmente svernano sul lago, in questa nuova stagione, hanno notevolmente diminuito la loro consistenza." La Società Holcim ha presentato alla Provincia di Lecco la proposta di un nuovo luogo estrattivo, situato sulle pendici del Monte Cornizzolo nel territorio del Comune di Civate. Questo nuovo progetto prevede l’estrazione di 20 milioni di tonnellate di materiale, l’equivalente di 8 milioni di metri cubi per i prossimi 20 anni (richiesta della Holcim). Per contrastare questo ennesimo attacco al territorio un gruppo di cittadini, gli Indignados, con la collaborazione del Circolo Arci Bellavista di Civate, ha dato vita a un Coordinamento dei Gruppi e delle Associazioni che intendono contrastare il devastante progetto di Holcim, anche attraverso la creazione di un sito come spazio nel mondo virtuale (http://www.cornizzolonocava.com/), allo scopo di contribuire a diffondere l'informazione su quello che la Politica, le Istituzioni, la Società Civile e il Cittadino hanno fatto e intendono fare per combattere una ferita mortale ad un territorio che non vuole e non può più dare ma che va valorizzato per le sue bellezze artistiche, ambientali e culturali a tutela della nostra e delle future generazioni. La nosra Associazione è da sempre sensibile e attenta alla tutela del Cornizzolo, motivo per cui in data odierna abbiamo aderito al Coordinamento dei Gruppi a difesa del Cornizzolo. Un primo impegno cui invitiamo soci, attivisti e simpatizzanti è quello di diffondere il volantino allegato alla presente (.pdf 283k), esponendolo nei luoghi di lavoro, nelle biblioteche, nei bar e locali pubblici e in ogni ambitonel quale sia democraticamente possibile diffondere l'informazione! Infuria la polemica riguardo alla questione relativa alla cosiddetta area Beretta in comune di Rovagnate. Già nel dicembre dello scorso anno si era assistito ad un’offensiva mediatica, durata alcune settimane, contro l’Amministrazione comunale e il Sindaco di Rovagnate, colpevoli di non cogliere l’occasione di un grosso investimento sul territorio, con conseguenti ricadute occupazionali (per altro senza chiare garanzie da parte dell’azienda riguardo a qualità e quantità dei posti di lavoro). Come è noto il progetto è stato bocciato dall’Amministrazione comunale con motivazioni di natura puramente economica. L’aspetto ambientale e paesaggistico è stato solamente sfiorato dalla discussione e considerato come problema marginale. Una dimenticanza? In tempi di crisi non bisogna andare troppo per il sottile? Cosa importa se il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) prevede nell’area del progettato intervento un corridoio ecologico di connessione tra il Parco del Curone e il Parco del Monte Barro, attraversando il San Genesio? Una variante, una delibera e tutto è sistemato... Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale è “lo strumento con il quale la collettività provinciale si impegna a perseguire lo sviluppo del proprio territorio in forme ambientalmente responsabili e socialmente eque”. Solo belle parole per le brochure in carta patinata dell’Amministrazione Provinciale. Le località Zerbine e Francolino, frazioni del comune di Rovagnate, sono state sede di allevamenti suinicoli per diversi anni, con relativi problemi legati agli scarichi nel torrente Bevera ed emissioni maleodoranti. L’area, attualmente in stato di abbandono, costituisce un raccordo tra un rilievo boscato (su cui corre la SR 342) ed una vasta zona pianeggiante percorsa dal torrente Bevera. L’abbandono, se da una parte ha creato problemi per la degradazione dell’Eternit delle coperture, dall’altro ha dato luogo ad una rinaturalizzazione spontanea del luogo. L’assenza quasi totale di traffico veicolare, di illuminazione artificiale, e in generale di attività antropica ha ffavorito la riconquista da parte di flora e fauna di tutta l’area. Sono presenti diverse tipologie di ambiente naturale, con una biopermeabilità elevata: zone umide e canneti, ambiti boscati di diversa composizione, prati stabili destinati a foraggicoltura. Nelle zone in abbandono sono presenti incolti e coperture arbustive, cespugliose ed arboree, in evoluzione. Oltre ai due rami del torrente Bevera, sono presenti diversi corsi d’acqua secondari, che raccolgono le acque provenienti dalle risorgive del versante collinare in territorio di Perego. Questo polmone verde è ora minacciato da un progetto che prevede, tanto per cominciare, l’adeguamento della strada di accesso al comparto produttivo che attualmente corre lungo un pendio boscato, sviluppandosi per circa 800 metri per 3 metri di larghezza con fondo sterrato; dovrebbe essere dimensionata per permettere il transito contemporaneo dei mezzi pesanti in entrambi i sensi di marcia. Naturalmente l’allargamento della carreggiata su terreno in pendenza comporta il taglio di una notevole superficie boscata, l’escavazione a monte o la creazione di terrapieni a valle. Ulteriori criticità viabilistiche sarebbero introdotte dal collegamento tra la SR 342 e la SP51, che dovrebbe svilupparsi dal comparto produttivo delle Zerbine fino alla zona industriale di Castello Brianza per innestarsi nella SP51 all’altezza di via Valmara, con scavalcamento del torrente Bevera in uno o più punti e attraversamento di zone umide di grande pregio. I volumi di traffico della SR 342, relativi a Rovagnate, sono già oggi tra i più elevati della Brianza Meratese, con 19.500 veicoli al giorno di cui il 20% commerciali (tabella 11 Relazione illustrativa PTCP- dati anno 2000). Il tratto da Bevera a Rovagnate della SR 342 non prensenta alternative di tracciato che evitino il centro abitato. Tramite il collegamento previsto, il traffico relativo alle zone industriali verrebbe incrementato dal traffico della SP51, bypassando l’incrocio di Bevera. Inoltre il traffico veicolare generato dal previsto insediamento di oltre 50 unità abitative in via del Pascolo a Castello Brianza, avrà come sbocco preferenziale il suddetto collegamento. Oltre a tutti questi problemi viabilistici non è chiaro quale dovrebbe essere il tipo di attività produttiva che si dovrebbe insediare e quale il suo impatto ambientale dovuto a rumore, scarichi liquidi ed in atmosfera, inquinamento luminoso e consumi idrici. Il già citato Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale classifica la SR 342 da Bevera a Rovagnate come "tratto in cui gli insediamenti sono in contrasto con gli interessi paesaggistici ed ecologici". Sempre della serie "belle parole"... La stessa classificazione comprende la SP 52 da Castello Brianza a Rovagnate: nonostante il disturbo visivo rappresentato dalla zona industriale di Castello, attualmente quest’area è ancora pregevole dal punto di vista paesaggistico. I vecchi allevamenti suinicoli situati a Zerbine e Francolino, tutto sommato, non arrecano un eccessivo disturbo visivo e si inseriscono discretamente nel paesaggio agricolo. Le porcilaie sono costruzioni basse: gli unici manufatti di una certa altezza sono i silos. Aspettano ancora una soluzione le migliaia di metri quadri di eternit che costituivano le coperture dell’allevamento. Una superficie industriale di 80 mila metri quadri, con annessi parcheggi e strada di accesso, rappresenterebbe un dissennato consumo di suolo, un ennesimo ecomostro sul nostro territorio con prevedibili effetti devastanti sull’ambiente e sul paesaggio. L’attuale crisi economica può rappresentare un alibi per passare sopra a regole e diritti. In nome del lavoro (o più probabilmente del profitto ad ogni costo...) si vorrebbe avere carta bianca e non avere intralci, soprattutto in campo ambientale e paesaggistico. Questo è il metodo che va per la maggiore ed il dibattito di questi mesi rischia di fare scuola e creare un pericoloso precedente.
Iproblemi dell’industria italiana non sono sempre da attribuire alla burocrazia ed alle regole troppo restrittive oppure alla mancanza di infrastrutture ed insediamenti. Fanno pensare alcuni casi che interessano il nostro territorio: Candy, Beton Villa, Perego Strade… I problemi, a volte, sembrerebbero ben altri... A livello politico è vincente la scuola di pensiero per cui l’ambiente è solo un'entità da sfruttare e gli ambientalisti un intralcio al progresso ed alla creazione di posti di lavoro. Ma il tempo è galantuomo ed ha dato ragione a chi da sempre porta avanti certe idee. I recenti risultati dei referendum su acqua e nucleare sono una delle prove del cambio di mentalità e di una nuova sensibilità dell’opinione pubblica. Di questo qualcuno dovrà tenerne conto. Le considerazioni comparse in questi giorni sulla stampa locale in merito alla nota vicenda del progetto per un nuovo albergo a Barzio non possono essere ridotte alla sola valutazione dell’inserimento dell’enorme volume nella collina di Coldogna, ma rientrano inevitabilmente in un’analisi più ampia sull’uso del territorio. Vi sono località montane ad alta vocazione turistica che, consapevoli della ricchezza del proprio splendido territorio, lo hanno valorizzato anche (non solo, ovviamente) con un uso razionale del suolo, con un’edificazione rada, di qualità architettonica e con una marcata sostenibilità ambientale. In questi luoghi la presenza degli alberghi è diffusa; si tratta però di strutture di medie dimensioni, anche se dotate dei più moderni comfort, strettamente relazionate con i principali catalizzatori delle masse turistiche (funivie ed impianti di risalita in genere, centri sportivi, società di escursionismo e trekking, ecc.). I benefici di questo tipo di turismo sono distribuiti sull’intera collettività ed il territorio viene salvaguardato e percepito, da tutti coloro che hanno la fortuna di visitarlo, come esempio di bellezza assoluta. In Valsassina si è deciso da anni di percorrere la strada opposta, con una crescita del costruito, e conseguente consumo di territorio, che trova paragone solo risalendo ad epoche in cui la sensibilità ambientale era praticamente inesistente. Chi frequenta per escursionismo le montagne valsassinesi e spazia con lo sguardo sul paesaggio può verificare di persona come l’altopiano si presenti ormai come un edificato continuo in cui i paesi si lambiscono e si innestano l’uno nell’altro, sempre più simile a una Brianza milanese in quota!... ppure l’ambiente naturale della Valsassina è anch’esso splendido, ricco di elementi paesaggistici e naturalistici di pregio, di testimonianze della cultura locale, la cui valorizzazione parrebbe ovvia a chiunque abbia occasione di frequentarlo. Anche il cambiare di colore del prato di una morbida collina posta all’imbocco di Barzio, che segna il susseguirsi delle stagioni, fa parte di quel paesaggio che noi tutti apprezziamo e di cui vorremmo continuare a godere. Dell’ennesimo sfregio all’ambiente, questa volta presentato come necessità di una nuova struttura alberghiera da 25/30.000 metri cubi, crediamo non ci sia proprio bisogno. Siamo rimasti positivamente colpiti dalla posizione assunta dall’Amministrazione comunale di Barzio e dal documento diffuso dal Gruppo Nuova Barzio che invita il Sindaco a perseguire uno sviluppo sostenibile attraverso “la tutela del territorio e dei valori ambientali di Barzio”. Purtroppo però il paventato “spiraglio sul PGT” comparso sui giornali locali ci fa temere che anche questa volta ad avere la peggio possa essere l’ambiente. Il WWF lecchese manterrà alta l’attenzione su questo nuovo ennesimo tentativo di cementificazione del territorio. |