La caccia vagante
Per caccia vagante si intende quella in cui il cacciatore esercità attività venatoria, con o senza l'ausilio del cane, "vagando" alla ricerca della fauna da abbattere.
Esistono diversi tipi di caccia vagante, e la scelta di uno di questi tipi esclude la possibilità di praticarne altri. Inoltre il cacciatore è comunque vincolato al territorio dell'"Ambito di caccia" o del "Comprensorio Alpino" cui è iscritto.
Senza complicare troppo la spiegazione, significa che un cacciatore di fagiani non può abbattere una lepre, e che un cacciatore di ungulati non può scendere nella pianura e sparare all'avifauna migratoria.
Turtto ciò in linea teorica e salvo leggi, leggine e deroghe varie che la Regione Lombardia generosamente dispensa...
Esistono diversi tipi di caccia vagante, e la scelta di uno di questi tipi esclude la possibilità di praticarne altri. Inoltre il cacciatore è comunque vincolato al territorio dell'"Ambito di caccia" o del "Comprensorio Alpino" cui è iscritto.
Senza complicare troppo la spiegazione, significa che un cacciatore di fagiani non può abbattere una lepre, e che un cacciatore di ungulati non può scendere nella pianura e sparare all'avifauna migratoria.
Turtto ciò in linea teorica e salvo leggi, leggine e deroghe varie che la Regione Lombardia generosamente dispensa...
La vagante nella zona "colinare pedemotana"
Tutto il territorio della provincia di Lecco, non compreso in quella che è definita Zona Faunistica delle Alpi, è classificato "collinare pedemontano".
Si tratta sostanzialmente di tutto il territorio brianzolo a sud di Lecco e della zona della Val San Martino (esclusa Erve), definito "Ambito Territoriale di Caccia Meratese".
In questo territorio di pianura, le principali forme di caccia vagante sono:
L'equilibrio ecologico è sconvolto, e poichè la caccia alla migratoria, in vagante e senza l'uso di richiami, non consente carnieri soddisfacenti, i cacciatori si concentrano soprattutto sulla caccia alla starna, al fagiano e alla lepre. In tutti i casi si tratta prevalentemente di specie "ripopolate", che vengono cioè immesse nel territorio. Per quanto riguarda le lepri si tratta soprattutto di soggetti provenienti dall'est europeo, mentre per starne e fagiani ci si affida ad allevamenti italiani.
I cosiddetti "ripopolamenti" sono affidati al Comitato di Gestione dell'Ambito di Caccia Meratese, che destina gran parte del suo bilancio e dei proventi raccolti dalle iscrizioni dei cacciatori, proprio a queste operazioni.
Si tratta sostanzialmente di tutto il territorio brianzolo a sud di Lecco e della zona della Val San Martino (esclusa Erve), definito "Ambito Territoriale di Caccia Meratese".
In questo territorio di pianura, le principali forme di caccia vagante sono:
- la caccia alla lepre comune e alla volpe
- la caccia alla fauna stanziale ripopolabile (sostanzialmente starne e fagiani)
- la caccia all'avifauna migratoria senza l'uso del cane
L'equilibrio ecologico è sconvolto, e poichè la caccia alla migratoria, in vagante e senza l'uso di richiami, non consente carnieri soddisfacenti, i cacciatori si concentrano soprattutto sulla caccia alla starna, al fagiano e alla lepre. In tutti i casi si tratta prevalentemente di specie "ripopolate", che vengono cioè immesse nel territorio. Per quanto riguarda le lepri si tratta soprattutto di soggetti provenienti dall'est europeo, mentre per starne e fagiani ci si affida ad allevamenti italiani.
I cosiddetti "ripopolamenti" sono affidati al Comitato di Gestione dell'Ambito di Caccia Meratese, che destina gran parte del suo bilancio e dei proventi raccolti dalle iscrizioni dei cacciatori, proprio a queste operazioni.
La "pronta caccia"
Particolarmente squallida è la caccia a fagiani e starne: si tratta di esemplari acquistati per pochi soldi e immessi prevalentemente per la cosiddetta "pronta caccia".
Cosa significa "pronta caccia" ? E' la caccia tipica della gran parte dei cacciatori della pianura lecchese. Come funziona ? Ve lo spiegiamo...
Cosa significa "pronta caccia" ? E' la caccia tipica della gran parte dei cacciatori della pianura lecchese. Come funziona ? Ve lo spiegiamo...
- Si acquista qualche migliaio di fagiani da 10/15 uro l'uno, poco più che dei polli colorati, allevati a mangime in qualche pollificio della bassa padana. Il costo è a carico dell'ATC Meratese, e quindi indirettamente a carico degli stessi cacciatori (almeno questo...).
- Si fanno "acclimatare" per qualche giorno in voliere di dimensioni ridicole, praticamente dei pollai, sparse nelle ridenti campagne brianzole
- Si liberano, preferibilmente il venerdì sera, giorno in cui è vietata ogni forma di attività venatoria e si prega Sant'Uberto (patrono dei cacciatori) che ce la facciano a passare almeno la notte, evitando i cani e i gatti randagi, le volpi e soprattutto le ruote delle automobili.
- Ci si trova, il sabato mattina all'alba, sui luoghi di rilascio, generalmente nei pressi di cimiteri, ai margini delle fabbriche e intorno ai capannoni della campagna brianzola, in alta unfiorme da caccia: abbigliamento Beretta, cartucce Fiocchi, stivaloni alti per guadare i liquami...
- Si prova a far correre un po' il cane, sperando che riesca a spaventare qualche fagiano sopravvissuto alla nottata, spingendolo ad involarsi (ma non ce la fanno a volare... non l'hanno mai imparato...)
- Non appena un fagiano più in forma degli altri, riesce a librarsi ad almeno due metri dal suolo, si apre il fuoco tutti insieme contemporaneamente
- Prima o poi qualcuno, almeno per sbaglio, riesce a colpire il fagiano.
- Al momento della raccolta del capo abbattuto, si socializza con i colleghi ("l'o ciapà me !", "no, so' sta me a spara per prem", "va là, che te vedet gna l'to de usel"...)
- Ci si avvia orgogliosi verso casa con la preda, il cui odore nauseante, (pare sia causa dell'allevamento in batteria e dei mangimi...) scatena le ire delle mogli, che rifiutano categoricamente di cucinarlo
- Il "pollo colorato" diventa cibo per gatti (randagi, ovviamente; il gatto di casa rifiuta di mangiare una simile schifezza...)
La vagante in "Zona Alpi"
Nel territorio della provincia di Lecco compreso nella Zona Faunistica delle Alpi, le principali forme di caccia vagante sono:
Il problema maggiore è determinato dal fatto che i censimenti sono svolti da squadre, composte quasi esclusivamente da cacciatori, gli stessi che in estate si vedranno assegnare il numero di capi da abbattere, proprio in funzione dei risultati dei loro censimenti: facilmente immaginabile la veridicità dei dati raccolti...
- la caccia agli Ungulati, che può avvenire solo mediante "caccia di selezione", prevalentemente rivolta a camosci e caprioli
- la caccia alla Lepre, con i cani segugi
- la caccia, con cane da ferma, alla tipica fauna alpina (gallo forcello e coturnice)
Il problema maggiore è determinato dal fatto che i censimenti sono svolti da squadre, composte quasi esclusivamente da cacciatori, gli stessi che in estate si vedranno assegnare il numero di capi da abbattere, proprio in funzione dei risultati dei loro censimenti: facilmente immaginabile la veridicità dei dati raccolti...
I problemi della "Zona Alpi" lecchese
Sono sostanzialmente due, e fra loro connessi, i problemi che affliggono la caccia nella Zona Alpi lecchese: i censimenti e la caccia alla tipica alpina.
Come detto sopra, i censimenti, sulla base dei quali avviene l'assegnazione dei capi da abbattere, sono svolti da squadre, composte in netta prevalenza dagli stessi cacciatori che poi li abbatteranno.
La presenza delle Guardie, già limitata dal numero di risorse umane disponibili, non è certamente favorita dall'Amministrazione Provinciale lecchese, abbastanza benevola nei confronti dei cacciatori valsassinesi, e ben disposta a raccogliere le "veline" relative ai capi generosamente censiti dai cacciatori.
Il secondo problema, ancora più grave, riguarda la caccia alla tipica alpina (gallo forcello e coturnice). Si tratta di specie in pericolo di estinzione, che anche i discutibilissimi censimenti dei cacciatori, danno da anni in sensibile diminuzione.
Ciò nonostante, per non scontentare la potente lobby dei cacciatori della Valsassina e della sponda orientale del lago, tutti gli anni la Provincia di Lecco trova il modo di prevedere un piano di abbattimento di qualche decina di unità, con un rapporto cacciatori/capi da abbattere nell'ordine di 10 a 1.
Questo significa che il limite viene raggiunto e oltrepassato già il primo giorno di caccia, con l'impossibilità di limitare veramente gli abbattimenti, con gravi danni alla fauna tipica alpina e favorendo indirettamente fenomeni di bracconaggio tra quanti, rimasti a bocca asciutta, non si rassegnano certo al carniere vuoto.
Manca il coraggio di dire: "Signori si chiude !" almeno per qualche stagione e finchè i censimenti (veri !) non daranno segni di ripresa consistenti e consolidati delle specie in pericolo.
Come detto sopra, i censimenti, sulla base dei quali avviene l'assegnazione dei capi da abbattere, sono svolti da squadre, composte in netta prevalenza dagli stessi cacciatori che poi li abbatteranno.
La presenza delle Guardie, già limitata dal numero di risorse umane disponibili, non è certamente favorita dall'Amministrazione Provinciale lecchese, abbastanza benevola nei confronti dei cacciatori valsassinesi, e ben disposta a raccogliere le "veline" relative ai capi generosamente censiti dai cacciatori.
Il secondo problema, ancora più grave, riguarda la caccia alla tipica alpina (gallo forcello e coturnice). Si tratta di specie in pericolo di estinzione, che anche i discutibilissimi censimenti dei cacciatori, danno da anni in sensibile diminuzione.
Ciò nonostante, per non scontentare la potente lobby dei cacciatori della Valsassina e della sponda orientale del lago, tutti gli anni la Provincia di Lecco trova il modo di prevedere un piano di abbattimento di qualche decina di unità, con un rapporto cacciatori/capi da abbattere nell'ordine di 10 a 1.
Questo significa che il limite viene raggiunto e oltrepassato già il primo giorno di caccia, con l'impossibilità di limitare veramente gli abbattimenti, con gravi danni alla fauna tipica alpina e favorendo indirettamente fenomeni di bracconaggio tra quanti, rimasti a bocca asciutta, non si rassegnano certo al carniere vuoto.
Manca il coraggio di dire: "Signori si chiude !" almeno per qualche stagione e finchè i censimenti (veri !) non daranno segni di ripresa consistenti e consolidati delle specie in pericolo.
Le limitazioni alla caccia vagante
Sono numerose le limitazioni dettate dalla legislazione venatoria alla caccia vagante. Innanzi tutto è importante sapere che è considerato esercizio venatorio, ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego di mezzi consentiti dalla legislazione.
Il concetto di esercizio venatorio deve quindi essere inteso in senso ampio, quale attitudine concreta volta all'ucccisione ed al danneggiamento di uccelli e di animali in genere (art. 12 L. 157/92; Cassazione sez. 3 n. 2555 del 25/10/94).
Riepiloghiamo i principali divieti, che corrispondono anche alle più comuni infrazioni, in cui incorre il cacciatore in attività vagante:
Il concetto di esercizio venatorio deve quindi essere inteso in senso ampio, quale attitudine concreta volta all'ucccisione ed al danneggiamento di uccelli e di animali in genere (art. 12 L. 157/92; Cassazione sez. 3 n. 2555 del 25/10/94).
Riepiloghiamo i principali divieti, che corrispondono anche alle più comuni infrazioni, in cui incorre il cacciatore in attività vagante:
- è vietato l'esercizio venatorio a meno di 100metri da immobili, stabili, fabbricati adibiti a uso abitazione o posto di lavoro
- è vietato l'esercizio venatorio in giardini, parchi pubblici e privati, terreni adibiti ad attività sportive
- è vietato l'esercizio venatorio a meno di 50metri da strade carrozzabili e linee ferroviarie
- è vietato lo sparo a meno di 150metri in direzione di immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o posto di lavoro, strade, ferrovie, filovie, stazzi, recinti
- è vietato (salvo alcune eccezioni) l'esercizio venatorio su terreni innevati
- è vietato il trasporto, in zone abitate o ltre zone di divieto, di armi che non siano scariche e in custodia: non è quindi possibile uscire di casa, e girare in paese, con il fucile in spalla, anche se scarico
- Il cacciatore deve raccogliere i bossoli esplosi, e non abbandonarli sul terreno